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L'OPERA

Alla fine del 1829 Bellini, a Venezia per curare l’allestimento di una ripresa de Il Pirata, ebbe l’incarico, non ricercato ed anzi praticamente imposto, di comporre un’opera che sostituisse il lavoro di un inadempiente Pacini. Bellini non era aduso a comporre in tempi brevi e senza una dovuta preparazione nella scelta del soggetto, per ovviare a queste obiettive difficoltà il poeta Felice Romani propose l’utilizzo di un suo lavoro, Giulietta e Romeo, utilizzato da Nicola Vaccai per l’opera omonima andata in scena a Milano nel 1825. Dopo pochi rimaneggiamenti il libretto, dal nuovo titolo I Capuleti e i Montecchi , fu a disposizione del compositore che, per parte sua, stretto in tempi decisamente troppo esigui, decise di utilizzare del materiale proveniente dalla Zaira, ritirata dalle scene dopo il fiasco al debutto al Regio di Parma.
La trama dell’opera non deriva dalla tragedia shakesperiana: la fonte originaria sembra essere una novella cinquecentesca di Matteo Bandello o anche, per alcune situazioni specifiche della trama, da una poco conosciuta tragedia di Luigi Scevola, Giulietta e Romeo, pubblicata a Milano nel 1818.
La scelta di affidare il ruolo dell’amoroso ad una donna in abiti maschili per un verso manteneva una tradizione, non ancora del tutto sorpassata, che aveva avuto nel Rossini del repertorio serio un esponente massimo, per un altro verso sfruttava la presenza al Teatro La Fenice della fuoriclasse Giuditta Grisi.
Dopo solo un mese e mezzo di tempo l’opera fu completata ed andò in scena l’11 marzo del 1830 con enorme successo. Nel 1832 Maria Malibran, ritenendo debole la scena finale dell’opera e comunque tale da non consentirle di sfoggiare le proprie doti di interprete, decise di sostituire il finale con quello del Giulietta e Romeo di Vaccai. Per quanto già all’epoca una simile consuetudine fosse considerata inaccettabile, fu comunque seguita in diverse messe in scena, tanto che l’editore Ricordi inserì nella pubblicazione dello spartito il finale di Vaccai in appendice.

IL CD

Con I Capuleti e i Montecchi Bellini, spinto dal soggetto sentimentale e tragico al tempo stesso, compone un’opera ricca di melodie accattivanti, dove la dolcezza melodica deve trovare nella espressività del canto un complemento necessario. L’edizione RCA presenta una scelta di interpreti di valore assoluto del tutto capaci di rendere appieno il clima dell’opera belliniana, una temperie che oscilla tra la compostezza neoclassica, di derivazione rossiniana, ed un empito romantico presente ma mai prevaricante. Protagoniste assolute dell’incisione sono Vesselina Kasarova, nel ruolo di Romeo e Eva Mei in quello di Giulietta, entrambe le cantanti sono chiamate a confronti impegnativi con le interpreti di un passato più o meno recente uscendone a testa alta. Romeo esordisce con l’aria ‘Se Romeo t’uccise il figlio’, per l’appassionato belliniano è immediato ricordarne l’interpretazione paradigmatica offerta da una strepitosa Marilyn Horne capace di unire dolcezza elegiaca e vigore marziale in un canto che riusciva ad apparire non perfettibile. Vesselina Kasarova in questa scena, ma anche nel prosieguo dell’opera, riesce nella non facile impresa di non far rimpiangere alcuna delle interpreti che hanno consegnato al disco il ruolo di Romeo, compresa appunto la mitica Horne. Il ruolo di Romeo, depositario di un canto infuso di lirismo e di languore trova nella voce della Kasarova un interprete ideale. Voce dal magnifico timbro, caldo e naturalmente espressivo, saldo nell’emissione ed omogeneo in tutti i registri, possiede le caratteristiche necessarie a rendere il personaggio attraverso un canto che si impone per morbidezza e leggerezza. Dove poi il ruolo richiede un virtuosismo più palese, come nella cabaletta ‘La tremenda ultrice spada’ allora possiamo udire una coloratura tanto netta e precisa quanto ricca di mordente ed incisività tale da restituire un Romeo che, per quanto tenero innamorato, è pur sempre un guerriero valoroso dalla giovanile irruenza. La Kasarova si mantiene su questi livelli altissimi sia nello struggente duetto con Giulietta che nello splendido finale dell’opera dove la compostezza intrisa di dolore del canto crea un’atmosfera mesta tanto struggente quanto intimamente ineluttabile, esempio perfetto dell’equilibrio tra empito romantico e distacco neoclassico che è la cifra principale dell’opera.
Anche la Giulietta di Eva Mei commuove con il proprio canto, trepida innamorata cesella il romantico e bellissimo recitativo ‘eccomi in lieta vesta’ rendendolo degno dell’andante ‘Oh, quante volte, oh quante’ ossia di una delle più struggenti ed emozionanti arie dell’opera italiana dell’ottocento. Solo una voce in possesso di una tecnica perfetta può essere in grado di rendere la struggente e pura malinconia di quest’aria, la voce deve librarsi purissima, esente da forzature, capace di legare e di modulare i suoni a tutte le altezze. Il timbro di Eva Mei, luminoso e solido, si sposa magnificamente con quello della Kasarova, arricchendo la discografia belliniana con un’interpretazione splendida del duetto ‘Si, fuggire a noi non resta’ dove le voci sembrano gareggiare nella resa espressiva del brano dove si avvicendano la gioia dell’incontro e l’ansia per un destino incerto.
Antagonista della coppia di innamorati è il Tebaldo di Ramon Vargas, non semplice antagonista quanto piuttosto innamorato anch’egli e dunque personaggio inopportuno ma non certo negativo. Il fraseggio intenso, il timbro pieno e lo squillo del registro acuto consentono a Vargas di essere un credibile avversario di Romeo. Splendido è il suo canto nell’aria ‘E’ serbata a quest’acciaro’ e ancor più nella languida cabaletta da vero innamorato ‘L’amo tanto, e m’è si cara’, di grande effetto è poi il guerresco duetto con Romeo che, repentinamente, alla notizia della morte di Giulietta, diviene un canto di disperazione per entrambi.
Completano il cast nei ruoli di Capellio e Lorenzo rispettivamente Umberto Chiummo e Simone Alberghini, che si rivelano dei comprimari di ottimo livello, grazie ad un canto mai superficiale ma anzi espressivo ed accorto. La direzione di Roberto Abbado riesce a ben bilanciare la temperie romantica di non pochi episodi dell’opera con una certa composta levigatezza di certi accompagnamenti. Di grande effetto sono le introduzioni all’aria di sortita di Giulietta e al finale dell’opera: sono forse i momenti più alti dell’opera e la direzione di Abbado ben li prepara, accogliendo ed accompagnando il canto in atmosfere dolcissime e struggenti.
A completare questa ottima edizione, nel terzo CD è stato registrato il finale de Giulietta e Romeo di Vaccai e la cavatina di Romeo con le ornamentazioni di Rossini. Il finale di Vaccai, pagina interessante, dopo il tragico e struggente finale belliniano, appare un brano di ottima fattura ma decisamente banale rispetto alla novità di un canto dove l’introspezione psicologica possiede una compiutezza irraggiungibile da un canto dalla rassicurante e scolastica osservanza della tradizione.
La versione della cavatina di Romeo ‘rimaneggiata’ da Rossini offre poi a Vesselina Kasarova l’opportunità di eseguire un autentico pezzo di bravura dove la fitta ornamentazione rossiniana le consente di far sfoggio dell’ampio bagaglio della virtuosa e di uno strumento vocale ancora più esteso tanto sul registro acuto che su note da autentico contralto.

Mario Benedetti